lunedì 20 aprile 2015

Non chiamatemi buonista... perché non lo sono

Non sono una buonista, quando mi sono entrati nel camper l'anno scorso, sarei stata pronta a saltare al collo a quella ragazza che, con le braccia incrociate, mi guadava dal mio divanetto come fosse suo (cosa che in effetti avrei fatto se mio papà non mi avesse tenuto).
Ho ancora dei forti istinti omicidi nei confronti di quegli ignoti che mi hanno rubato la borsa sfondando il finestrino della macchina direttamente sul sedile di Gaia. 
E pure nei confronti di chi ci ha rubato le biciclette legate al camper giusto il giorno prima di partire per il mare. 
Non sono una buonista, a dire il vero sono pure piuttosto vendicativa, ci metto tanto a fidarmi delle persone e ci metto un secondo a metterci una croce sopra. Ho pochi amici che posso considerare tali e quelli che ci sono so che ci tengono a me, perché starmi vicino non è semplice; sono lunatica, permalosa, estremamente insicura, non accetto né complimenti (mi imbarazzano) né critiche (mi scoraggiano), mi dimentico le cose, sono disordinata e disorganizzata cosicché anche lavorare con me è un atto di fede.
Ma sono anche empatica, cerco di capire le persone. E credo nella bontà della gente fino a prova contraria. Penso che chi sbaglia debba pagare, ma giudico le persone in base alle azioni, non in base alla religione, al colore della pelle, o a cosa hanno votato alle ultime elezioni... anzi forse un pochino quello si, ma solo un pochino.
Penso che sia vero, queste cose un tempo qui non succedevano. Esisteva un tempo in cui potevo uscire di casa senza avere paura. Poi le cose sono cambiate, colpa degli stranieri? Forse. Di tutti gli stranieri? No. Ne conosco abbastanza per poter affermare che la probabilità di trovare brave persone tra gli stranieri sono più o meno le stesse di trovarne tra gli italiani. 
La verità che mi importa poco che uno sia italiano, straniero, o  proveniente dalla faccia nascosta dalla luna. 
Credo che la differenza che ci sia tra me e chi attraversa il mare su un barcone sia la nazionalità. Si perché io sono nata in un paese in pace. Io faccio parte della Unione Europea. Io se voglio "cambiare aria" perché quella che respiro qui non mi piace prendo il passaporto e parto. Nessuno me lo impedisce, se non la paura dell'ignoto.
Ma se ho paura dell'ignoto io, che posso viaggiare comodamente seduta su un aereo, o un treno, andando in bagno tutte le volte che ne ho bisogno, rinfrescandomi la faccia, aprendo un finestrino (chiaramente sul treno e non sull'aereo), facendo 2 passi per sgranchirmi le gambe. Io che una volta arrivata, prendo i miei bagagli, li posso caricare su un taxi, posso dormire in un albergo. Se ho paura dell'ignoto io, che potrei prendere un atlante aprirlo ad una pagina a caso e semplicemente partire.
Io che, gli unici limiti sono i miei.
Se ho paura dell'ignoto io che posso partire e ripensarci in ogni momento, perché tanto qui avrò sempre una casa, una famiglia, un tetto... una patria.. che paura deve avere chi sale su un barcone arrugginito che li porterà in un posto in cui non saranno mai accettati? Quanto disperata deve essere una persona per affidare la propria vita e quella dei propri figli a persone che li considerato alla stregua di bestiame?
Il 29 aprile Gaia andrà in città con tutta la sua scuola, insieme a tutte le altre scuole trentine, per la manifestazione "Trento, una città per la pace". Ascolta le canzoni che parlano di fratellanza, mi dice che il mondo è di tutti i colori, mi parla dei disegni che stanno preparando, Mi ha detto che lei ha disegnato un bambino italiano che stringe la mano ad un bambino cinese. Mi dice che ci sono posti in cui c'è la guerra, posti in cui "i bambini non stanno mica tanto bene". Mi dice queste cose ma non credo che le capisca sul serio, lei vive nel suo piccolo mondo in cui un bambino cinese è appena arrivato a scuola ed è stato adottato da tutti, un piccolo mondo in cui A. un bambino palestinese viene chiamato dai compagni "l'artista" perché è il più bravo a disegnare. In cui E. che si è appena trasferita dall'altra parte della città, ha fatto un lungo viaggio e chissà se la rivediamo più. Lei vive in un piccolo mondo in cui italiani, albanesi, rumeni, arabi e cinesi si stringono la mano. Come glielo dico che fuori dalla scuola non è così? 
Come glielo spiego che troppe persone sono contente che un barcone arrugginito si è rovesciato? Come glielo spiego che la pace in cui crede tanto non esiste?
No, non sono buonista. Non credo che tutte quelle 700 o più persone che sono morte su un barcone arrugginito fossero tutte persone buone. Ma sono persone che sono vissute e morte tra l'indiffernza, e questo non rende noi, persone migliori di loro. 

1 commento:

  1. Sono tremendamente felice di sapere di non essere l'unica a pensarla così. Cominciamo a perdere fiducia nell'umanità. GRAZIE

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Oggi ho letto una frase che mi ha colpito: Per ogni persona che posta un commento, ce ne sono 10 o 100 che non lo fanno perchè non hanno niente da dire o perché non lo avevano in quel momento.(Joshua Porter), ecco a me piacerebbe che tutti si sentissero liberi di dire qualcosa... e poi adoro i commenti!!